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Il Riso di Cascina Cantalupo

Il Riso di Cascina Cantalupo

CAMPO DI RISO A CASCINA CANTALUPO - San Giuliano Milanese, Basso Milanese, Sud Milano
CAMPO DI RISO A CASCINA CANTALUPO

Il Riso di Cascina Cantalupo segna il tempo, le stagioni e il lavoro nei campi, in questa antica realtà agricola del Sud Milano. Ecomuseo della Vettabbia e di Fontanili ha il piacere di far riportare direttamente dalla famiglia Sala, la loro testimonianza sulla coltivazione di questo cereale, tipico del Basso Milanese.

Preparazione

Quando meno fredda si fa l’aria e la terra ritorna ad emanare il suo profumo, il saggio agricoltore lo sa, è tempo di iniziare. Attacca l’aratro al trattore e con gesto che pare ripetitivo ara e dissoda la terra.A guardarlo bene sembra stia scrivendo su un foglio i buoni propositi e le sue speranze…è così.

Sotto la lama dell’aratro la terra si apre come in uno sbadiglio che profuma di vita, di futuro. Dopo l’aratura e dopo aver livellato, se necessario, il terreno si procede con la semina per la quale viene utilizzato parte del raccolto dell’anno precedente, oppure si compra la semente al consorzio agrario.

Cantalupo coltiva riso Carnaroli  nato tra i terreni della Cascina Casello, vicino a Paullo e riso tipo Roma variante japonica coltivata in molte delle maggiori terre del riso italiane come la Lombardia.

Terminata la semina con il rullo si “schiaccia” la terra, le si mette metaforicamente sulle spalle una coperta…è una cura. Ora si attende che la promessa di Madre Natura venga mantenuta e che il riso germogli. Lo si fa sempre connessi con il cielo, le sue nubi portatrici d’acqua possono provocare danni, perché se è troppa e alternata a sole forte creano una crosta che rende quasi impossibile la fuoriuscita del germoglio e in quel caso si dovrà intervenire nuovamente sul campo.

Semina e cura dei campi coltivati

Alla comparsa dei germogli gli occhi sono tutti puntati sui campi; c’è chi ne ammira il colore, chi il contrasto tra il verde chiaro e il marrone della terra e l’azzurro del cielo, e chi con occhio clinico controlla che le file, adesso visibili, siano dritte …da questo e da altri dettagli si evince la bravura di chi ha avuto l’onore di seminare.
Quando il riso, il nostro protagonista, avrà raggiunto l’altezza di circa 15 cm allora entra in azione l’acqua dirottata ad arte dalle chiuse, che trasforma i campi in veri e propri specchi d’acqua. Chi sa guardare la risaia osserva il “gioco” cromatico che si crea: il riso da verde chiaro diventa verde scuro e da questo si capisce dove e se l’acqua riempie l’intera risaia…sebbene un controllo di persona camminando sugli argini e con il badile in spalla sia d’obbligo, fosse anche “solo” per controllare che non ci siano perdite dovute da qualche buco creato dalle nutrie.
Fare il giro delle risaie è un compito giornaliero e un tempo veniva svolto dalla figura del camparo… che era un po’ il “deus machina” delle risaie che conosceva come le sue tasche. Al tempo del camparo, il tempo delle foto in bianco e nero, che tutti almeno una volta abbiamo visto, il riso veniva seminato direttamente in acqua ; anzi è più corretto dire trapiantato in acqua dopo che nel semenzaio aveva raggiunto l’altezza di circa 15,20cm  dalle mani delle mondine, donne, ragazze, a volte bambine che lavoravano in risaia e si occupavano oltre che del trapianto anche della monda (da cui deriva il nome mondine) del riso cioè di tenere le risaie pulite da erbacce e infestanti come il Crodo detto anche riso matto.
Oggi questo mestiere è meccanico e purtroppo prevede anche l’utilizzo di fitofarmaci. Un tempo le risaie pullulavano di vita e di biodiversità, di cui oggi tanto si parla.  Rane, carpe, aironi popolavano questo mondo del riso. Oggi ci fanno compagnia gli aironi e qualche altra specie di uccello. Dopotutto l’acqua è vita e per chi si starà domandando il motivo dell’acqua nella coltivazione del riso la risposta è semplice: il riso teme gli sbalzi termici e l’acqua assicura una temperatura costante.

Mietitura

Costante è anche il lavoro dell’agricoltore che in ogni momento controlla le risaie fino a quando i tempi si fanno maturi e con essi il riso e allora, non senza emozione, si può procedere alla mietitura.  Questo è il momento in cui si accende l’essiccatoio ed entrano in funzione le mietitrebbie (che spesso ci riportano alla mente dei film americani). L’essiccatoio è un grande macchinario che viene caricato di riso e lo essicca prima di spedirlo nel granaio.  È una macchina e come tale necessita di essere sorvegliata, azionata, fermata dall’uomo e questo è un lavoro che avviene h24. Non sono ammessi errori, la svista più banale potrebbe compromettere quintali di raccolto.
Sono giorni particolari quelli della mietitura, giorni in cui speranza, stanchezza, attenzione pervadono l’agricoltore…anzi usiamo il termine corretto: il risicoltore. Le sue giornate e le sue notti sono caratterizzate dalla sinfonia del rumore costante dell’essiccatoio, dal fastidio provocato dalla polvere di riso che fuoriesce dallo stesso.
Dai campi arrivano i carri carichi di riso pronto per essere essiccato, per scrupolo si controlla l’umidità con un apparecchio apposito per sapere in anticipo più o meno quante ore ogni carico impiegherà per essere essiccato. L’umidità dipende dai giorni, piovosi o meno, dal vento, eccetera.   Nei campi le mietitrebbie tagliano il riso e separano il gambo dai chicchi, scartano il gambo creando delle fine di paglia di riso nei campi e tengono i chicchi fino a quando il loro serbatoio è pieno…al ché fanno uscire il loro braccio meccanico e immettono il riso nel carro che una volta pieno si avvierà all’essiccatoio mentre la mietitrebbia proseguirà il suo lavoro di mietitura. Un tempo tutto questo lavoro era fatto a mano.

La lavorazione e il raccolto

Quando tutto il riso è stato mietuto ed essiccato il silenzio sembra pervadere campagne e cascine. Il riso nel granaio, ora, può solo attendere di essere venduto oppure pilato. Il chicco di riso bianco che tutti conosciamo in realtà è il cuore del chicco di riso perché in realtà il chicco è costituito da 7 pellicine. Pilare vuol dire proprio togliere le pellicine del riso. Un riso integrale è quello che conserva almeno 2 o 3 di queste pellicine. Insomma, dopo questo racconto sono certa che al prossimo risotto gusterete il piatto con occhi diversi.

Autori: Carolina e Francesca Sala di Cascina Cantalupo

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