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Com’è bella Santa Barbara
LA CAPPELLA SISTINA 2.0
“Facciamo pace?”. Questo lo storico invito che Paolo VI rivolse a fine anni ’50 ai maggiori artisti dell’epoca convocati nella Cappella Sistina. L’obbiettivo era quello di ricondurre il sacro nell’arte moderna, un obbiettivo che Papa Montini aveva coltivato sin dai tempi in cui era arcivescovo di Milano. E la testimonianza di questa volontà la si ritrova appieno nella chiesa di Santa Barbara che si staglia come un’apparizione al termine di un lungo viale alberato che costeggia un grande parco a San Donato Milanese (ex Metanopoli), l’insediamento voluto negli da Enrico Mattei per ospitare il centro direzionale dell’ENI.
Manager d’assalto e di sfondamento, Mattei era religiosissimo, tanto da assumere la presidenza dell’Ufficio Nuove Chiese della Diocesi di Milano voluto dall’allora cardinale Montini, e sponsorizzando di conseguenza una serie di luoghi di culto milanesi che declinavano – in perfetta armonia col prestigioso committente – il connubio tra religiosità e arte moderna. E la chiesa di Santa Barbara, patrona degli estrattori, è una straordinaria espressione concreta di questa volontà.
L’edificio in sé ha un carattere più toscano che lombardo, con un forte cromatismo della facciata, il tetto a capanna, il battistero a parte e il campanile di 45 metri ricoperto in pietra naturale. Il progetto venne redatto dall’architetto aziendale dell’ENI Mario Bacciocchi (sue le stazioni di servizio Agip compresa quella di Piazzale Accursio), mentre la decorazione interna fu affidata al gotha dell’arte moderna di quel periodo.
Si comincia dal portale centrale, realizzato da Arnaldo e Giò Pomodoro, che schiude alla visione del presbiterio illuminato dall’impattante mosaico della Crocifissione di Fiorenzo Tomea che occupa tutto l’abside e che ne fa il terzo per grandezza tra i mosaici a parete europei e primo in Italia. Da notare il teschio appena dietro l’altare (inserito dall’artista ma successivamente coperto per via che “inquietava” ma oggi riapparso), mentre lungo le pareti si snodano, incassate nel muro, le stazioni della Via Crucis in bronzo di Pericle Fazzini.
Ma il capolavoro dell’edificio, il vero coup de théâtre, è il soffitto a cassettoni di Andrea Cascella che racconta l’iconografia religiosa classica e non in una fantasmagoria di colori: ci sono luna e stelle, animali di ogni specie: un toro, un gallo, un pavone… intervallati con i simboli della Passione e una quantità di riferimenti alle Sacre Scritture. Qualcosa come 500 metri quadrati di soffitto costituito da 156 pannelli che ne fanno una vera Cappella Sistina 2.0. Va detto che i riquadri non sono dipinti su legno bensì su carta e quindi fragilissimi. Da qui il valore del recente, delicatissimo restauro che ha permesso di riportarli all’originale splendore.
Ancora da ammirare la cappella di Sant’Antonio di Franco Gentilini, le opere di Cassinari, Renzi e, all’uscita, l’interessante battistero inserito nel verde del parco. Insomma, un vero museo d’arte moderna che vale assolutamente la visita. Tra l’altro facilissimo da raggiungere con il metro della linea 3 gialla, fermata al capolinea di S. Donato Milanese.
di Wilma Viganò – Testo e foto