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Caffè Minerva

Sommario

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Archivio Storico Fotografico di San Donato Milanese
Storia

Quello che oggi è il Caffè Minerva all’interno del progetto di Enrico Mattei nasce del 1952 che, quando fondò l’industria che oggi conosciamo come ENI, ebbe un’idea visionaria ancora attuale se non fosse per le mutate valutazioni sulla sostenibilità dello sfruttamento degli idrocarburi per la produzione di energia.

Mattei affida all’architetto Mario Bacciocchi la realizzazione un’area a cavallo della via Emilia a San Donato Milanese, dove città-giardino che integri funzioni residenziali, sociali e produttive in un nuovo modello urbanistico che divenne poi patrimonio internazionalmente riconosciuto. A differenza di quanto avvenuto in simili occasioni, Metanopoli non nasce come operazione di riqualificazione o ampliamento ma come una nuova città, tuttora chiamata in tono amichevole “villaggio Mattei”. Non solo abitazioni per i dipendenti di “Agip”, ma un insediamento urbanistico che dove coesistono funzioni pubbliche, attività private e luoghi di culto come la chiesa di Sant’Enrico in Bolgiano – opera di Ignazio Gardella realizzata tra il 1962 e il 1966 – e quella di Santa Barbara, costruita dalo stesso Bacciocchi intorno al 1955, ma che vede importanti maestranze artistiche intervenire per la sua realizzazione. Il piano non prevedeva rigide maglie geometriche, quanto piuttosto uno schema libero e aperto che introduce il fattore tempo: i comparti edilizi in cui l’area è suddivisa, ribattezzati “quadre” dallo stesso Bacciocchi, altro non sono che ampi spazi verdi in cui realizzare – quando necessario – gli ampliamenti connessi all’evoluzione demografica e produttiva del luogo. Un luogo che nel tempo ha mantenuto questo impegno evolvendosi proprio intorno al progetto iniziale

Da Area di Servizio a Bar, Tavola Calda e Caffè

Tra le realizzazioni di Bacciocchi e secondo le indicazioni di Mattei, in piazzale Supercortemaggiore, il cui nome deriva dalla benzina prodotta a Cortemaggiore (PC) nacque il primo distributore Agip realizzato proprio di fronte agli uffici di quella che oggi è ENI.
La pianta è composta da una serie di corpi esagonali sovrapposti, su modello della molecola del benzene e da una tettoia che ospitava i mezzi per il rifornimento.
Intorno agli anni ’70 per adeguarsi ai mutamenti tecnologici e alla quantità di mezzi in circolazione, la proprietà decide di realizzare aree di rifornimento adeguate.
 La struttura originale, una volta occupata da camion e macchine, è stata riconvertita nel bar/tavola calda Caffè Minerva, che ha mantenuto però la struttura originale

Il Caffè Minerva oggi
Caffè Minerva oggi

Dal punto di vista del design, si presenta come un luogo elegantemente vintage, con pregevoli pezzi di arredamento originali degli anni ’70 dalle linee simmetriche, creando una prospettiva che ricorda atmosfere newyorkesi. Un luogo dove sorseggiare un caffè o un aperitivo con un giornale sul tavolo.
Oltre all’offerta commerciale, il caffè Minerva ospita inaugurazioni e lanci di libri, mostre estemporanee, opere artistiche tanto da poterlo configurare come un caffè letterario.
D’altra parte, il richiamo alla Dea pagana Minerva non è casuale in quanto questa figura, che corrisponde alla dea Atena, è la “dea greca della sapienza, delle arti e della strategia in battaglia.

Particolari
Caffè Minerva, Eventi, Particolari, Paolo Di Stefano, Fabrizio Cremonesi, Flavio Mantovani
La Leggenda sulla strana storia dei Mercatini di Natale

Tanto tempo fa, in un paese immerso nei campi della Pianura Padana, alcuni artisti sconosciuti furono invitati alla corte di un’antica famiglia celtica che chiese loro di partecipare ad una grande fiera, con l’opportunità di vendere e far conoscere i loro manufatti in un clima di eventi, canti, balli, racconti, rappresentazioni teatrali, coesione e solidarietà, in attesa dell’avvento.

Gli artisti sconosciuti cominciarono immediatamente e senza risorse, a realizzare opere con il materiale che avevano a disposizione, riciclando, tagliando, lavorando con minuscoli semi e chicchi, usando pezzi di corda e sacchi, con legno e seghe taglienti, dipingendo vecchie tazze, raccogliendo piccoli frammenti di vetro colorato, trasformando questi scarti in opere piene di gloria, arte e fascino.

Quando tornarono a corte per mostrare il loro lavoro, gli avidi signori decisero che tutto il ricavato fosse devoluto alla corte.

Non solo, nessun artista e nessuna animazione era stata coinvolta, ma sola annunciata; infatti, anche gli altri invitati seppero che avrebbero dovuto fare tutto da soli e che nulla gli sarebbe stato riconosciuto, perciò essendo artisti itineranti, fuggirono prima che i signori del luogo se ne accorgessero.

Ai tempi l’arte era considerata dai più inutile cianfrusaglia e al massimo qualcosa su cui lucrare, il tempo dei grandi mecenati era ancora lontano.

Gli artisti decisero comunque di partecipare per recuperare almeno il costo di mesi di lungo lavoro.

Accadde un imprevisto: i maestri seppero che i signori del luogo avevano lasciato alcuni vecchi oggetti usati che non servivano più in un angolo perché loro assumessero la responsabilità di venderli con il rischio di sbagliare qualche vendita e con la possibilità che vi fossero gravi conseguenze e ritorsioni da parte della corte, creando in loro timore per la propria incolumità.

Il giorno della festa era una giornata piovosa, erano tempi di grandi pestilenze e purtroppo il giorno tanto atteso alcuni protagonisti furono colpiti da un virus e non riuscirono a presentarsi all’evento.

Per fuggire dalle ire dei signori del luogo, che scagliarono contro di loro la pantera del sigillo di corte, tutti insieme decisero di scappare alla ricerca di protezione, portando con sé il proprio lavoro e nulla di più.

Camminarono tra campi e marcite, patirono freddo, fame e stanchezza, dormirono sotto gli alberi mentre i lupi in lontananza ululavano al vento che arrivava da nord.

Dopo aver ricevuto riparo in un piccolo oratorio in mezzo alla campagna, si misero di nuovo in viaggio seguendo i suoni della natura.

In un mattino di sole velato dalla nebbia, improvvisamente apparve loro lo spirito di una dea pagana che dall’avvento della religione cristiana riposava in un tempio sepolto dalla storia in una provincia vicina verso est. Santuario di Minerva – Brescia Tourism

Era lo spirito della Dea Minerva. “Minerva protegge gli artigiani e le attività dell’ingegno. Il suo nome è forse legato al termine che indica la mente, quindi il sapere, anche pratico” (cit.).

La dea si sentiva vicina a quei viandanti tanto talentuosi, volenterosi e amanti dell’arte, decise allora di aiutarli; ricordò che, vicino alla lunga strada da dove spira il vento che arrivava dal piccolo tempio protetto dall’ingerenza del tempo, vi era un riparo per viandanti, gestito da un uomo buono che avrebbe potuto ospitare e rifocillare gli artisti, a patto che con il loro lavoro lo aiutassero a creare interesse per una piccola comunità che stava nascendo intorno al suo rifugio; lui in cambio garantì loro l’anonimato e una vita dignitosa.

Così fu che d’allora molti vennero a cercarli, ma nessuno li poteva riconoscere ne vederli lavorare. Passarono alla storia come gli artisti senza nome e vengono ancora ricordati ogni anno con il mercatino di Natale di San Donato Milanese, che all’epoca dei fatti era solo un piccolo agglomerato rurale, sorvegliato dai venti provenienti da un antico tempio di una dea pagana.

Deborah Esposito

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