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Il Vescovo Donato di Arezzo e l’Eni di Mattei
ad quintum lapidem
Fin dai tempi della Roma repubblicana, sulla via consolare in prossimità del quinto miglio (ad quintum lapidem), venne individuato un luogo che assunse le funzioni amministrative della zona circostante con compiti civili di un municipio romano. Poi a seguito del consolidamento del cristianesimo nella vita pubblica e tra le popolazione delle campagne, ai tradizionali compiti amministrativi, venne aggiunta una presenza ecclesiastica.
Così nacque la Pieve, una circoscrizione territoriale religiosa e civile facente capo ad una chiesa rurale con battistero; un punto di riferimento per assolvere le funzioni liturgiche più importanti, come accudire i registri delle nascite e dei testamenti, degli atti di compravendita delle proprietà dei latifondi, coordinando interventi in difesa del territorio con le bonifiche delle paludi e la gestione di canali e colatori agricoli indispensabili alle coltivazioni.
Passano i secoli e dopo la vittoria militare contro le casate longobarde del nord Italia, il duca Grimoaldo signore di Benevento (662-671) sciolse il suo esercito trattenendo al suo servizio solo i militi aretini (Arimanni, guerrieri alle dirette dipendenze delle istituzioni del potere longobardo), a cui, per i servigi militari svolti, donò immobili e fondi agricoli collocati nel territorio sud di Milano, lungo gli argini ovest del fiume Lambro, che a quel tempo, rappresentava un confine militare.
Gli Arimanni si insediarono ed ebbero un ruolo importante tra il VII°-VIII° secolo nell’amministrare questi territori, contribuendo ad un lungo periodo di stabilità politica e di rinascita religiosa. Furono i militi aretini a decidere di edificare una serie di cappelle e piccole chiese, dedicandole alle figure di santi tradizionalmente venerati dal popolo longobardo dopo l’adesione alla religione cattolica (san Martino, san Siro, san Michele tanto per citare i più noti). Il Vescovo di Arezzo Donato, ucciso nel 362 durante le persecuzioni dell’imperatore Giuliano l’Apostata, fu una delle figure proposte al culto della popolazione sandonatese.
Accanto agli eventi miracolosi accertati di questo santo Vescovo aretino, troviamo episodi tramandati dalla tradizione orale; uno dei più conosciuti descrive l’intervento provvidenziale del Vescovo Donato nel bonificare una sorgente d’acqua a causa della presenza di un drago “malefico”, sconfitto grazie alle preghiere del Santo. All’interno della Pieve, uno dei quattro quadri collocati alle spalle dell’altare descrive questo fatto.
Poco più di mille anni dopo, su questo territorio Enrico Mattei decise di fondare la sede direzionale di Eni e del suo quartiere. Nel 1952, un concorso nazionale scelse il simbolo aziendale di ENI raffigurato con il famoso “cane a sei zampe”. Vi è però una curiosa ipotesi che sostiene un legame con la figura del santo aretino.
Alcuni ritengono che quell’immagine del “cane a sei zampe”, sia un richiamo memonico del drago Tarantasio; terribile rettile leggendario vissuto tra XII e XIII secolo nel Lago Gerundo, tra la provincia bergamasca e lodigiana. Una figura importante, rappresentato in una delle statue che decorano la facciata del Duomo di Milano e nello stemma della famiglia dei Visconti signori che per più di un secolo governarono i territori meneghini. Una suggestiva coincidenza, tenuto conto che uno dei primi giacimenti di metano scoperti da AGIP (1949) fu proprio nella porzione del territorio occupato secoli prima dal Lago, riportandoci al leggendario riferimento del tradizionale episodio narrato nella vita del Santo Vescovo di Arezzo.
Di Andrea Anselmi
