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Sulle Orme dei Giganti
Sommario
La prima tappa nel cuore di Metanopoli
Sarà perché io adoro la natura immersa nella nebbia, anche se la mia sinusite mi fa ricordare le mie escursioni troppo umide per diversi giorni dopo averle fatte, ma quando ho realizzato quel percorso di trekking urbano nel Sud Est Milanese, partendo da San Donato Milanese, attraversando Civesio, Viboldone, San Giuliano Milanese, Zivido e Melegnano, mi è sembrato di camminare attraverso un libro che narrava favole di altri tempi. Forse alcuni luoghi sono difficilmente accessibili, ma la loro bellezza, quando appaiono all’improvviso in tutta la loro possenza architettonica circondati dalla natura, ne guadagna un fascino aggiuntivo, intrigante e misterioso.
Un giorno di gennaio, umido e freddo ma con un tiepido barlume di sole, siamo partiti da San Donato Milanese decisi a compiere il nostro cammino anche se avremmo trovato fango e nebbia.
Abbiamo fatto una dovuta prima sosta in territorio cittadino, a San Donato Milanese, alla Chiesa di Santa Barbara, cuore di Metanopoli.
La Chiesa fu costruita nel 1954 ad opera dell’architetto Mario Bacciocchi in una zona a forte espansione in quanto sede del nuovo distretto di Metanopoli, dove si collocarono gli uffici direzionali dell’ENI e nuove residenze per i lavoratori. Interessanti e particolarissimi i pannelli in legno decorati da Andrea Cascella, e il portale in bronzo dei fratelli Pomodoro
Direzione SS9 verso Piazza della Pieve
Abbiamo proseguito il cammino attraversando la città di San Donato Milanese, dirigendoci verso la via Emilia fino a giungere nello slargo della Pieve. La pieve di San Donato è un pezzo di storia che è lì muto ma pieno di parole e di racconti che attraversano più di mille anni. Le prime notizie della pieve di San Donato risalgono al X secolo.
La prima volta che vidi questo edificio non ci arrivai dalla via Emilia, come questa volta, ma ci arrivai da Cascina Roma, attraverso una stradina di accesso su un lato della Chiesa e da questo percorso entrare nel parco della Pieve mozza il fiato. Passare da vialetti stretti e curvi, palazzi antichi e spazi minimi a misura d’uomo e arrivare nella immensa piazza della pieve con il suo imponente edificio religioso è un cambio di registro che mi tolse il fiato per qualche attimo.
Io abito nel territorio dell’antico Comune di Lambrate, che si unì a Milano nel 1923. Ho scoperto che nel periodo tra il 1500 e il 1600 tale territorio faceva capo alla Pieve di San Donato. Difatti sembrerebbe che in questo periodo la Pieve avesse anche una funzione amministrativa civile oltre che ecclesiastica. E stranamente il potere della Pieve si estendeva così a Nord fino a Lambrate, forse perché seguiva il corso del fiume Lambro.
Una volta, neanche tanto tempo fa, qui dove la via Emilia passa davanti alla Pieve non c’era una strada ma passava il Redefossi, il canale ha subito una deviazione in questo tratto per lasciar passare la strada. Questo è ciò che mi ha raccontato qualcuno che vide la trasformazione e che camminava con me quel giorno.
Dal Redefossi alla Vettabbia
Così abbiamo proseguito lungo la via Emilia, forse lungo l’antico tragitto del Redefossi, per arrivare ad incontrare la Vettabbia. Ma il tragitto da compiere era ancora un po’ lungo, la Vettabbia era ancora lontana.
E così abbiamo proseguito attraversando San Donato Milanese, una serie di parchetti cittadini che continuano a confermare la mia idea di questa verdissima città, fino ad arrivare ad un sentiero che corre parallelo alla via Di Vittorio, una fascia di terra verde chiamata Campagnetta, che diventerà il parco Gustavo Hauser.
... Finalmente la Vettabbia
Ecco, adesso il paesaggio incomincia a prendere un aspetto diverso, tutto è molto più umido, inizia a vedersi lontano un paesaggio sfocato dal bianco della nebbia. Subito dopo la striscia di terra della “Campagnetta”, incrociamo sua maestà la Vettabbia.
Direzione Civesio
E dopo l’incrocio con la Vettabbia incontriamo il nucleo abitato di Civesio. La chiesa di Civesio mi ricorda molto qualcosa di già visto a San Donato Milanese.
Lasciando l’abitato di Civesio il percorso prende un aspetto decisamente diverso. Il paesaggio nella natura incomincia ad essere prevalente, il sentiero diventa molto più evidente e ai lati il paesaggio è decisamente agricolo. A prevalere è la pianura di tipo irriguo con radi assembramenti di alberi di media taglia. Territori coltivati probabilmente a marcite, sfruttando i fontanili presenti in questa zona ricca di acque e risogive.
La terra è fangosa, nei giorni scorsi ha piovuto e io fatico a stare dietro al gruppo, anche perché ho le scarpe sbagliate e mi si stanno bagnando i piedi, e anche perché vorrei davvero fotografare tutto.
Da questo momento incomincia un racconto che si insinua dentro di me piano piano, come se quell’acqua che mi bagna i piedi mi impregnasse dello spirito fiabesco di questi luoghi, della linfa di questi alberi che mi raccontano come sentirmi un tutt’uno con loro. Mi sto già perdendo !
Molino Torretta
Ecco un residuo di archeologia industriale, Molino Torretta. Non posso non fermarmi a fotografarlo. Ormai non è rimasto quasi più nulla, non ha più il tetto, i macchinari, della ruota è rimasto ben poco.
E ho già perso il gruppo.
Verso l'Abbazia di Viboldone
Per fortuna la strada è obbligata e allungo il passo pesante con le scarpe bagnate, col naso all’insù per guardare questo cielo velato fra le fronde dei carpini e delle farnie.
Cammino veloce lungo il sentiero fangoso e all’improvviso nella nebbia vedo una delle abbazie che abitano questo paesaggio. Che meraviglia l’abbazia di Viboldone che si staglia col suo campanile nella nebbia!
L’Abbazia fu fondata nel 1176 e completata nel 1348 dagli Umiliati che conducevano vita di preghiera e di lavoro, in particolare fabbricando panni di lana e coltivando i campi con sistemi di lavorazione innovativi.
Quando Carlo Borromeo soppresse l’ordine degli umiliati l’abbazia passò ai Benedettini Olivetani, successivamente soppressi dal governo austriaco e costretti ad abbandonare l’abbazia.
Nel 1940 il cardinale Ildefonso Schuster, dopo anni di abbandono, ha offerto l’abbazia a una comunità di religiose Benedettine. Accediamo al borgo medioevale di Viboldone per giungere alla nostra meta, l’Abbazia.
Eccola lì con la sua facciata a capanna, caratteristica dell’architettura romanica, qui rimaneggiata secondo un nuovo stile gotico , con le sue bifore aperte sul cielo, in mattoni a vista, solcata da due semicolonne che la tripartiscono, con decorazioni di pietra bianca. L’interno è a sala rettangolare, con tre navate di cinque campate ciascuna, inquadrate in archi trasversali a sesto acuto. Prima campata in stile romanico e le successive, realizzate nel corso del Duecento, in stile gotico con colonne in cotto che sorreggono alte volte a crociera. La chiave di volta, al centro delle crociere, è racchiusa in un cerchio diviso in spicchi dei colori dell’arcobaleno, segno dell’amicizia di Dio con gli uomini. Tutto l’interno è ricoperto da bellissimi affreschi della metà del 1300, che hanno reso famosa l’abbazia in quanto sono uno dei più ampi e significativi complessi di affreschi gotici presenti in Lombardia. Ho sostato con la testa all’insù per parecchio tempo cercando di osservare quegli affreschi in ogni dettaglio, ma la luce non era delle migliori. Purtroppo non sono riuscita a vedere la casa del Priore che anch’essa, mi hanno detto, conserva affreschi di notevole bellezza. Dopo una chiacchierata con una suora, dall’odore che arrivava dai locali interni, ci siamo accorti che si stava avvicinando l’ora del pranzo e non la abbiamo ulteriormente trattenuta.
Verso Zivido, una piccola frazione ricca di storia
Riprendiamo il cammino con i profumini del cibo che ci attanagliano lo stomaco. Proseguiamo verso Zivido, una piccola frazione del Comune di San Giuliano Milanese, ricchissimo di storia. Ma nel percorso verso Zivido tocchiamo il centro città di San Giuliano Milanese. “Innanzitutto per pranzare.”
Poi incominciamo il cammino che ci porta sui luoghi della battaglia di Marignano, e poi sul Sentiero dei Giganti. Il primo di questi luoghi in cui sostiamo è l’Oasi WWF del Monastero della Vittoria. Il Monastero di Santa Maria della Vittoria sorgeva dove si trova ora il Cimitero di San Giuliano Milanese. Fu il re di Francia Francesco I a farlo costruire nel 1518, in seguito alla Battaglia dei Giganti (detta anche battaglia di Marignano) per commemorare le vittime della battaglia. Ci sono i resti del portone di ingresso che dava verso la via Emilia. Ci stiamo avvicinando infatti a quei luoghi famosi per la battaglia di Marignano, uno scontro epico per la conquista del Ducato di Milano datato 13 e 14 settembre 1515 che vide coinvolti circa 30.000 uomini dell’esercito di Francesco I di Francia contro circa 20.000 soldati confederati svizzeri.
I Francesi si erano accampati un po’ più a Sud rispetto a questo luogo in cui i miei passi si sentono piccoli piccoli, mi sento immersa in un museo a cielo aperto di storia rinascimentale.
Erano a Nord di Melegnano tra Zivido e Rocca Brivio, in una distesa fra i campi protetta dal Lambro ad Est e dal Redefossi ad Ovest e dalla Roggia Spazzola. Difatti qui vicino corre la roggia Spazzola con il suo ponticello, anche lui sopravvissuto assieme ai resti del portone di ingresso.
E fu così che la Svizzera diventò neutrale
Gli Svizzeri stavano per accamparsi tra Civesio e BorgoLombardo, dove avevano un territorio protetto dal Redefossi da un lato e la Vettabbia dall’altro, ma non lo fecero. Proseguirono ed andarono incontro ai Francesi, dapprima trovarono i soldati dell’avanguardia francese e lì li decimarono. Ma il giorno successivo ebbero loro la peggio e fu così che in quella battaglia ci furono circa 20.000 morti tra Svizzeri e Francesi.
E da quel giorno gli Svizzeri in conseguenza delle gravi perdite subite dichiararono la loro neutralità bellica mentre il Ducato di Milano passò ai Francesi.
Con il tempo si era persa memoria di questo evento così drammatico.
E nel 1879 il cappellano di Zivido, Don Inganni, spinto a fare ricerca chiedendosi perché a metà settembre di ogni anno si dovesse dir messa per i caduti di una battaglia del passato, scoprì i resti del Monastero e approfondì la vera storia della battaglia.
Il Bosco di Zivido
Dal Cimitero di S. Giuliano Milanese ci spostiamo verso Zivido e l’Oasi WWF Bosco di Zivido. L’oasi del Bosco di Zivido è la più estesa delle oasi urbane di San Giuliano Milanese, è seconda solo all’Oasi Levadina di San Donato Milanese. La trasformazione di una zona agricola in un parco urbano ricco di alberi, arbusti e di biodiversità è iniziata nel 2009, quando fu creato anche lo stagno.
Chiesa di Santa Maria in Zivido
Attraversiamo il bosco di Zivido ci ritroviamo davanti alla famosa Chiesa di Santa Maria in Zivido. Anche questo è uno dei luoghi che riportano la memoria degli eventi accaduti il 13 e il 14 settembre 1515. In questa cappella a navata unica, cappella privata dei marchesi Brivio Sforza, ora sconsacrata e chiusa, sono conservate lapidi commemorative della battaglia di Marignano e accanto ad essa è stato costruito un ossario con i resti rinvenuti in zona e probabilmente appartenenti ai soldati morti in battaglia di entrambi gli eserciti. Purtroppo non ne abbiamo potuto vedere l’interno che pare sia ricoperto di affreschi così come una parte dell’esterno protetto da un portico.
Verso Cascina Molinetto
Continuiamo il cammino che ci porta adesso su un grosso sentiero costeggiato da alberi ad alto fusto. La nebbia è sempre più fitta. Mi dicono che siamo arrivati in prossimità di Cascina Molinetto e difatti vedo un bel complesso un po’ malandato con una ruota idraulica e mi fermo a immortalarlo nella mia memoria.
Stavolta mi tocca fare una corsa per raggiungere il gruppo mentre sento un po’ di calore raggiungermi in queste prime ore pomeridiane, anche se il sole ancora si nasconde e i piedi bagnati incomincio a sentirli tanto freddi. Il cappello che ho in testa anche se non piove è completamente intriso, bagnato.
..Siamo sul Sentiero dei Giganti
Forza, siamo sul sentiero dei Giganti, non posso sentire la disfatta per così poco!
Mentre percorro il sentiero rialzato sul livello della pianura mi guardo intorno e vedo prati di un verde intenso da accecare la vista, nonostante la nebbia, e mi sento felice di essere qui, adesso, quasi in un racconto, fra soldati in abiti rinascimentali che percorrono queste strade, luoghi che sembrano riportarmi indietro nel tempo, sospesi in un presente senza una data.
E nonostante mi senta decisamente bagnata, e dovrei sentirmi a disagio, invece mi sento benissimo, sento di essere strettamente connessa con tutto questo ecosistema che mi circonda.
Sento contemporaneamente la pace che mi dà essere qui in questo luogo, che mi accoglie come se fosse stato sempre mio, pur non avendolo mai visto prima di oggi, ma sento allo stesso tempo anche il suo urlo, la sua dichiarazione di esistenza e di resistenza all’ingresso delle nostre figure estranee.
Continuando il percorso passiamo lateralmente alla Cascina Santa Brera, che oggi è un’azienda agricola biologica.
Anche Cascina Santa Brera è un luogo legato alla Battaglia di Marignano, difatti qui Francesco I, alla guida dei Francesi, collocò il suo quartier generale.
Il sentiero qui curva e subito dopo la svolta ecco che appare alla vista una immagine fiabesca delle più impreviste e mozzafiato.
Una rocca, un palazzotto nobiliare fortificato, appare in lontananza immerso nella nebbia e sembra quasi un castello delle fate addormentato.
Verso Rocca Brivio
È Rocca Brivio, un edificio di origine militare, sorto in posizione strategica fra il Lambro e la Via Emilia, sulla direttrice Milano/Lodi per essere utilizzato come avamposto difensivo in una eventuale contesa con i Lodigiani.
L’entrata da questo versante mi fa davvero sentire in un luogo incantato, fermo nel tempo.
Gli arbusti e la vegetazione in tutte le sue forme avvolgono le due colonne in muratura all’ingresso nascondendo parzialmente le strutture. Anche gli alberi spogli intorno alla torre di fronte a me danno un a sensazione di tempo interrotto, sospeso, come se il bel castello stesse dormendo in attesa della nostra visita.
Trattengo il fiato.
Mi sembra di essere in un luogo e in un tempo sospesi, non credo ai miei occhi, che devono abituarsi a tutta questa bellezza improvvisa e inaspettata.
Giriamo intorno alla torre e troviamo l’ingresso maestoso al Castello.
La rocca alla fine del 1300 perse la sua funzione militare per diventare casa padronale all’interno dei terreni acquistati dai Brivio, nobili di origine germanica le cui ricchezze derivavano dalle attività agricole. La struttura che vediamo noi oggi risale al 1600, quando i Brivio ristrutturarono la rocca trasformandola nel palazzo nobiliare barocco che vediamo oggi.
L’ingresso presenta un grande portale con un cancello in ferro battuto di splendida fattura, opera di un artigiano melegnanese del 1700, ricco di volute e arabeschi.
La parte a nord – ovest ospita una cappella gentilizia, ricca di stucchi e dorature tipicamente seicentesche. Molte sale interne sono affrescate e ospitano stucchi e camini. Dal 1996 è proprietà pubblica condivisa dell’Associazione Rocca Brivio e dei comuni di San Giuliano Milanese, San Donato Milanese e Melegnano. Il palazzo ospitò Francesco I, S. Carlo Borromeo, Napoleone III, e si trovò al centro di notevoli episodi bellici, quali la battaglia di Marignano e la battaglia che oppose francesi e austriaci l’8 giugno 1859, data in cui Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrarono vittoriosi a Milano. Mentre cercavo di difendermi dall’imminente sindrome di Stendhal ho visto due mie compagne di viaggio che parlavano con qualcuno sul bellissimo cancello di accesso oggi sbarrato al pubblico. E’ stato un attimo, abbiamo raccontato del nostro interesse e della nostra camminata e l’associazione Rocca Brivio ci ha aperto le porte. E’ stato un caso che qualcuno di loro fosse lì per motivi organizzativi a noi estranei e gentilmente ci ha fatto dare un’occhiata al cortile interno.
Poi abbiamo iniziato a parlare ed abbiamo raccontato del nostro interesse a vedere la cappella.
Il nostro gentilissimo interlocutore ci ha raccontato tantissime cose di Rocca Brivio, si percepiva il suo amore per questo territorio, per la Rocca, per la Storia dei luoghi.
Ad un tratto forse ha capito che il suo amore si rispecchiava anche in noi e cresceva mentre lo ascoltavamo e così come dice Dante:
“Amor ch’a nullo amato amar perdona mi prese piacer sì forte che come vedi ancor non m’abbandona…”
E così se chi ama vede il suo stesso amore in altri non riesce a non aprire loro le porte del suo cuore e descrivere l’oggetto della sua passione. E con un po’ di sorte favorevole e tanto amore per questa residenza nobiliare bellissima, il nostro “Pietro” ci ha aperto le porte della Cappella e di una stanza del palazzo.
Melegnano: Basilica Minore e Castello Mediceo
Dopo Rocca Brivio il sentiero nella natura è terminato e siamo giunti a Melegnano, dove abbiamo visto la Basilica minore e il Castello Mediceo
Ma per me il trekking poteva terminare a Rocca Brivio, dove credo di aver lasciato un pezzo del mio cuore ascoltando i racconti del nostro amico che ci ha reso indimenticabile questa giornata.
Monica Montoro – Raccontiamo il Territorio