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Le voci nascoste nel sole
In una luminosa mattina d’autunno, Amalia passeggiava per San Donato Milanese.
I raggi del sole giocavano tra gli alberi, e proiettavano le ombre delle piccole case lungo la via creando riflessi danzanti sul prato.
Attratta dal fascino neoclassico di Villa Volontè, Amalia decise di esplorare le antiche case nuove dei contadini adiacenti al giardino all’italiana di villa Volontè. Mentre camminava, notò una porta lasciata aperta per sbaglio, che emanava un lieve bagliore.
Incuriosita decise di varcare quella soglia, ignara di ciò che l’attendeva.
Appena superata la porta, Amalia si trovò in un mondo avvolto in un alone di mistero. Il sole splendeva alto nel cielo, proiettando lunghe ombre, ma non c’erano corpi viventi, solo ombre….
Guardò le sue mani e, con terrore, si accorse che anche lei era diventata un’ombra; il suo corpo era scomparso.
Disperata e confusa, Amalia iniziò a esplorare quel mondo di ombre. La prima ombra che incontrò fu quella di un vecchio contadino.
L’ombra le raccontò che una volta era stato un uomo di nome Giuseppe. Aveva trascorso tutta la sua vita a lavorare nei campi della villa. Ogni mattina si svegliava all’alba per arare i campi, piantare i semi e curare le piante. La Villa Volontè era il cuore della sua comunità, e Giuseppe lavorava con dedizione e passione. Una notte, durante una tempesta, Giuseppe era rimasto fuori a proteggere il raccolto. Un fulmine colpì un albero vicino, facendolo cadere su di lui. Da allora, Giuseppe vagava come un’ombra, intrappolato tra i ricordi del passato e l’oscurità.
Continuando il suo cammino, Amalia incontrò un’altra ombra, quella di una giovane serva. La serva si chiamava Maria, una ragazza gentile e bella che aveva servito nella Villa Volontè fin da adolescente. Maria si era innamorata del figlio del padrone della villa, Leonardo. Il loro amore era proibito a causa delle differenze sociali, ma i loro sentimenti erano veri e profondi. Si incontravano segretamente nel giardino della villa, sognando un futuro insieme. Tuttavia, il loro amore fu scoperto e Leonardo fu mandato via. Disperata, Maria cercò di fuggire per raggiungerlo, ma scomparve misteriosamente, trasformandosi in un’ombra. Da allora, vagava nei pressi della villa, cercando invano il suo amato.
Amalia incontrò infine l’ombra di un musicista. L’uomo si chiamava Antonio e aveva suonato il violino durante le feste della villa, portando gioia e allegria con le sue melodie. Antonio era nato in una famiglia povera, ma il suo talento musicale gli aveva permesso di entrare nella cerchia della nobiltà locale. Tuttavia, sentiva sempre il peso delle sue origini umili. La musica era il suo rifugio, un mezzo per esprimere le sue emozioni più profonde. Una notte, dopo aver suonato durante una festa, Antonio decise di rimanere nella villa per riposarsi. Quando il sole sorse, scoprì di essersi trasformato in un’ombra. Continuò a suonare il suo violino nell’oscurità, le sue melodie riecheggiavano nei corridoi vuoti della villa.
Ascoltando le storie di queste ombre, Amalia capì l’importanza di portare alla luce i loro racconti affinché potessero trovare pace. Ogni storia era un riflesso delle ingiustizie sociali e delle barriere che la povertà e le differenze di classe avevano imposto sui protagonisti.
Con coraggio, iniziò a raccogliere le loro storie, promettendo di raccontarle al mondo. Giuseppe, il vecchio contadino, rappresentava la durezza della vita dei lavoratori, la loro lotta per la sopravvivenza e il loro sacrificio spesso dimenticato. Maria, la giovane serva, era l’incarnazione dell’amore proibito e del desiderio di una vita migliore, ostacolato dalle rigide barriere sociali. Antonio, il musicista, simboleggiava il talento nascosto dietro umili origini, la passione soffocata dalle convenzioni sociali.
Ogni volta che un’ombra condivideva la sua storia, si dissolveva, trovando finalmente la pace.
Amalia, alla fine, rimase sola.
Mentre raccoglieva tutte le storie, ricordò improvvisamente le sue umili origini e il sacrificio di sua madre. Sua mamma aveva lavorato fino all’ultimo giorno della sua vita per garantirle un’istruzione e un’esistenza dignitosa. Provando un profondo senso di gratitudine per quegli sforzi e riconoscendo il valore di ogni singolo sacrificio fatto, Amalia sentì una luce calda avvolgerla.
Con l’ultimo raggio di sole, si ritrovò di nuovo nel parco, davanti alla porta ancora socchiusa. Passò attraverso di essa e tornò nel mondo reale, portando con sé una lezione preziosa.
Decise di dedicare la sua vita a raccontare le storie della Villa Volontè, affinché nessuno dimenticasse mai le ombre che un tempo vi avevano vissuto.
Ciò che Amalia imparò dalle vicende di quei personaggi e dalla sua stessa vita era chiara: la povertà e le differenze di classe possono condizionare profondamente le vite delle persone, ma è solo dando voce ai loro racconti e riconoscendo il loro valore che possiamo sperare in un futuro più giusto ed equo.
Le ombre di Villa Volontè rappresentavano non solo un passato dimenticato, ma anche la speranza che un giorno tutte le voci possano essere ascoltate e rispettate, indipendentemente dalla loro origine. Amalia stessa trovò la sua strada ricordando l’importanza delle sue radici e il sacrificio di sua madre, ma anche di sua nonna, trovando così la forza di dare vita a un cambiamento positivo.
Deborah (Amalia) Esposito – EVF. Questo racconto è un racconto di fantasia ispirato da suggestioni durante un’escursione a Villa Volontè e dal ricordo della mia mamma.